COSA SUCCEDE AD UNA PERSONA IN SOVRAINDEBITAMENTO SE NON ACCEDE AGLI STRUMENTI MESSI A DISPOSIZIONE DALLA LEGGE SUL SOVRAINDEBITAMENTO

Per rendere l’idea al lettore di cosa comporti non risolvere una situazione di sovraindebitamento senza i giusti strumenti, si riporta un caso, tratto dalla pratica, di una persona che si trova nella seguente condizione.

L’imprenditrice Paola nel 2007 aveva avviato assieme al socio una fiorente attività di commercio. Avevano un conto corrente aziendale la cui gestione era disgiuntiva per cui ciascun socio amministratore poteva recarsi in banca ed operare.

Paola era proprietaria di un immobile, riceveva uno stipendio mensile quale amministratrice della società; viveva serenamente, permettendosi una vita agiata nonostante la rata mensile del mutuo ottenuto per l’acquisto dell’immobile.

Nel 2009, il conto corrente aziendale presentava un saldo positivo di oltre € 200.000,00 e proprio in tale contesto di benessere iniziano i problemi per Paola. Infatti, un bel mattino le comunicano dalla Banca che il conto corrente è azzerato perché il socio ha prelevato l’intero importo.

Nonostante i tentativi di mettersi in contatto con il socio questo sembrava sparito nel nulla.

Come si scoprirà in seguito si era trasferito all’estero portando con sè le somme prelevate.

Inizia una trafila giudiziaria che prende avvio dalla querela sporta da Paola contro l’ex socio per appropriazione indebita con conseguente sequestro preventivo tentato, senza esito positivo, dalla Procura.

Gli anni passano, Paola rimane in attesa della sentenza che comunque non le restituirà le somme prelevate; nel frattempo, ha dovuto chiudere la ditta perché, privata della liquidità necessaria al pagamento dei fornitori, non era più in grado di esercitare attività di impresa; si è vista costretta a contrarre un finanziamento, molto oneroso, garantito da ipoteca sull’unico immobile di proprietà, per avere la liquidità per saldare una parte dei debiti personali nel frattempo maturati e per pagare i debiti per tributi maturati dall’azienda; non riesce più a pagare le spese condominiali che negli anni iniziano ad accumularsi.

L’unica nota positiva è stata la sua capacità di trovare un lavoro a tempo indeterminato.

Siamo nel 2013, già nel vigore della legge sul sovraindebitamento, Paola ha debiti complessivi per circa € 250.000,00 ed un immobile del valore di circa € 100.000,00, se venduto liberamente sul mercato.

Anziché presentare una istanza al Tribunale competente per accedere agli strumenti messi a disposizione dalla legge n.3 del 2012, Paola non fa nulla.

Sempre in quell’anno, una delle Banche che hanno erogato somme a mutuo a Paola, notifica un atto di pignoramento immobiliare ed inizia la procedura di vendita all’asta dell’immobile.

E ancora Paola non fa nulla per accedere agli strumenti sulla composizione della crisi da sovraindebitamento.

L’immobile viene stimato dal perito del Tribunale in € 100.000,00 ed iniziano le tornate di vendita all’asta.

Alla prima asta la vendita va deserta e così alla seconda e alla terza. Il Giudice però decide un nuovo tentativo di vendita forzata.

Al quarto tentativo l’immobile viene venduto alla cifra di € 40.000,00.

Nel frattempo uno dei creditori di Paola, che vanta un credito di € 10.000,00, le fa pignorare il quinto dello stipendio.

Come va a finire?

Paola si ritrova con il proprio appartamento venduto ad una cifra ridottissima che non viene nemmeno distribuita completamente ai creditori perché ci sono circa € 10.000,00 a titolo di spese legali da pagare alla procedura esecutiva (il compenso del delegato del giudice, delle spese legali per l’esecuzione, spese per la perizia e per la trascrizione del decreto giudiziale che assegna l’immobile all’aggiudicatario).

La rimanente somma di € 30.000,00 viene distribuita tra i creditori.

Alla fine Paola non ha più la casa di proprietà ed è costretta a trovarsi un immobile in locazione, si ritrova con il quinto dello stipendio pignorato ed una massa debitoria ancora DA PAGARE di €220.000,00 con interessi moratori di almeno 8 punti percentuali.

Se Paola avesse utilizzato le soluzioni messe a sua disposizione dalla legge sul sovraindebitamento, avrebbe potuto evitare di ritrovarsi senza patrimonio e con ancora tutto il monte debiti da pagare.

Perché non l’ha fatto? Perché (probabilmente lei o il suo procuratore legale) non conosceva la legge sul sovraindebitamento.

Avere la possibilità di risolvere una situazione di sovraindebitamento e lasciare trascorre del tempo senza fare nulla equivale a rendere più complessa o pregiudicare la possibilità di uscire dalla crisi.